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Cos’è il Design Thinking e come possiamo applicarlo al nostro contesto di libero professionista/PMI?

    Partiamo dalla definizione: cos’è il Design Thinking? È un approccio all’innovazione che poggia le sue fondamenta sulla capacità di risolvere problemi complessi utilizzando una visione creativa. 

    Codificato attorno agli anni 2000 in California dall’Università di Stanford, in origine il Design Thinking era più che altro un approccio all’innovazione adottato da agenzie e studi di design. Oggi, invece la sua diffusione sta interessando settori molto diversi tra loro, facilitato anche dalla diffusione del digitale. Vedremo in questo articolo come le due forze sono collegate e come possono esserci utili in un contesto come il nostro, che non è né quello della start-up californiana né quello della multinazionale.  

    Se dovessi riassumere l’approccio del Design Thinking, quello che mi “porto a casa” da tutte le letture in merito, direi che è caratterizzato dal mettere le persone al centro e non il prodotto, tantomeno il business.

    Per essere precisi, ci sono 4 tipi diversi di Design Thinking, ciascuno più o meno adatto a un preciso contesto e più o meno diffuso: Creative Problem Solving, Sprint Execution, Creative Confidence e Innovation of Meaning.

    Il primo è sicuramente l’approccio di Design Thinking più diffuso tra le aziende. In parole semplici, si tratta di una tecnica, o ancor meglio un processo, di problem solving nel quale la ricerca della soluzione a un determinato problema avviene in maniera creativa. Ci concentreremo su questo.

    Da una prospettiva di business, può essere considerata una metodologia con la quale le imprese innovano comprendendo i bisogni dell’utente e immaginando la più elevata gamma di soluzioni possibili per rispondere alle sue esigenze, per poi restringere il campo fino a trovare la soluzione dominante.

    I pilastri che contraddistinguono il Creative Problem Solving rispetto ai processi più tradizionali per la gestione dell’innovazione sono: 

    • La Creatività, intesa come la capacità di coniugare pensiero analitico e intuitivo- per generare nuove idee di business ma anche per comprendere e definire il PROBLEMA secondo chiavi di lettura non tradizionali 

    • L’Empatia, interpretata come la capacità di immedesimarsi nell’esperienza vissuta dall’utente; 

    • Il Reframing, intesa come la capacità di interpretare originalmente il problema percepito dall’utente.

    Il processo di Creative Problem Solving è contraddistinto dall’alternanza di fasi divergenti volte all’esplorazioni di possibili alternative e di fasi convergenti con lo scopo di identificare l’alternativa dominante. Gli utenti sono interpretati come fonte di ispirazione, come i detentori, consapevoli o meno, di quella conoscenza che occorre per attivare opportunamente il processo di Creative Problem Solving. La costituzione del team che si occupa del processo di Creative Problem Solving è un’attività particolarmente critica. La disponibilità di competenze e attitudini differenti è indubbiamente strumento essenziale per aumentare il potenziale creativo. L’osservazione del medesimo problema da diversi punti di vista nonché la proposizione di soluzioni da prospettive differenti consente di avere una maggiore varietà e ricchezza (tra parentesi, ecco perché la FLIP Academy lavora su piccoli gruppi di max 5 persone, dove ciascuna di queste proviene da un settore diverso).

    Concludiamo questa intorduzione al Design Thinking illustrando il framework (che potremmo tradurre con processo codificato, percorso da seguire) “Double Diamond”, articolato in quattro fasi fondamentali: 

    1. La fase di Discover si propone innanzitutto di identificare ed analizzare i bisogni degli utenti. Al fine di aiutare e facilitare la scoperta di diverse tipologie di bisogni esistono diverse tecniche tra le quali menzioniamo questionari e interviste, focus group, analisi dei micro-dati presenti in rete. Ad esempio, può sembrare una banalità ma a me ha aiutato tantissimo andare a vedere i profili Instagram/Facebook dei primi utenti che decidevano di affidarsi a me e comprare i miei servizi.
    2. Una volta identificati e classificati i bisogni degli utenti, nel corso della fase di Define è necessario interpretare quanto scoperto al fine di rappresentare in maniera corretta ed incisiva il problema da risolvere. Per fare un esempio di come la creatività qui corra in aiuto: chi compra un martello magari non sta risolvendo il problema “ho bisogno di un martello”, bensì “ho bisogno di appendere un quadro al muro. Se io vendo martelli e capisco che c’è un’intera nicchia che ha questo problema, capirò anche che i miei competitor non sono solo gli altri produttori di martelli, ma anche Pattafix.Analogamente, i punti di forza del mio copy per vendere un martello, non punteranno sul prodotto in sé, ma sul fatto che il quadro non dovrà più restare appoggiato per terra).   
    3. La fase di Develop si propone di sviluppare diverse soluzioni creative in grado di rispondere ai problemi ed ai bisogni evidenziati degli utenti. Questa è l’unica fase in cui il prodotto è al centro, in un certo senso, anche se resta sempre l’utente il fruitore finale e quindi ben stampato nella nostra mente! 
    4. Una volta conclusa la fase di sviluppo dell’idea si giunge infine alla fase di Delivery il cui principale obiettivo è la realizzazione della soluzione maggiormente promettente ed il lancio sul mercato. Questa fase potrebbe essere anticipata da una fase di test con un piccolo gruppo di utenti, cosa che consiglio caldamente, soprattutto se la soluzione è particolarmente innovativa.