Fino agli anni ’70 del ‘900, la teoria economica tradizionale ha completamente escluso la sfera emozionale dal processo di acquisto: secondo quel modello, l’essere umano (homo economicus) prende decisioni in modo del tutto razionale, valutando ogni alternativa in base a criteri oggettivi e selezionando l’opzione che permette di ottenere più valore. In questo scenario, il prodotto che promette più benefici al minor prezzo, è la scelta ottimale.
Nel 1978 Herbert A. Simon vinse il premio Nobel per l’economia per le sue ricerche sul processo decisionale nelle organizzazioni economiche. Simon affermò che il consumatore non segue percorsi logici né tantomeno completamente razionali nelle sue scelte; è la combinazione integrata tra emozione e ragione a determinare il comportamento degli uomini, compreso l’acquisto.
Per riassumere il concetto con le parole del grande pubblicitario inglese David Ogilvy: “Le persone non pensano quello che sentono, non dicono quello che pensano, non fanno quello che dicono”.
Oggi appare chiaro che la battaglia tra le aziende non si gioca solo sui prodotti, ma sulle percezioni che riescono a trasmettere relativamente a quei prodotti. Questa affermazione, apparentemente provocatoria, è in realtà il banco di prova di molte imprese. Non sono le caratteristiche tecniche di un prodotto a fare la differenza, che devono certo essere di qualità, ma piuttosto la percezione e il valore che i clienti riescono ad attribuirvi. Altrimenti, il prodotto può essere il migliore del mondo, ma nessuno lo sa.
Il marketing degli anni 20 del nuovo millennio deve fare leva sulla capacità tutta umana di ispirare e comunicare percezioni, per far capire al cliente il valore finale di un prodotto o di un servizio. La percezione è la realtà, fino a prova contraria.
E siccome le percezioni hanno molto più a che fare con la sfera intima e psicologica del cliente che con le qualità intrinseche del prodotto, ecco allora che ci conviene spostare il focus dal prodotto al cliente.
Alla classica sequenza del Customer Journey, che dovrebbe identificare il percorso dell’utente dalla fase di scoperta del Brand fino alla fase dell’acquisto, c’è chi ha voluto sostituire uno schema leggermente diverso, che viene dall’ambito del Neuromarketing: l’Emotional Journey, ideato da Andrea Saletti[1].
Un modello mentale basato su 5 micro-momenti, che comprendono sia stati emozionali che stati razionali, e che caratterizzano il processo decisionale dell’utente online. Ma c’è di più: la vera rivoluzione, a mio parere, sta nell’aver intuito che occorre smettere di pensare al percorso d’acquisto del consumatore come a meri step decisionali uno di seguito all’altro, ma come ad un fluido scorrere di stati emotivi, che possono anche sovrapporsi.
Vediamoli insieme:
Attenzione
Il momento dell’attenzione è caratterizzato da un livello basso di emozione e alto di logica: è il momento in cui dobbiamo catturare l’attenzione dell’utente immerso nel mare magnum di informazioni che lo bombardano. Forme, colori, posizione, sono tutti elementi che entrano in gioco in questa fase.
Attrazione
Il momento dell’attrazione è caratterizzato da un livello alto di emozione e basso di logica: è il momento in cui si generano impressioni positive. Ma il tempo per farlo è pochissimo! Attenzione e attrazione funzionano spesso simultaneamente, ma sono distinte da attività̀ diverse di registrazione nella memoria.
Interesse
A questo punto, bisogna stimolare un interesse che porti ad un piccolo impegno di approfondimento dell’offerta. È quindi fondamentale strutturare testi chiari, scritti in maniera precisa. In questa fase la razionalità si unisce all’emozione, prendendo a poco a poco il sopravvento. Parlare con lo stesso linguaggio e con lo stesso codice di valori dell’utente è la chiave del successo.
Analisi
È in questa fase che la razionalità prende decisamente il sopravvento. È qui che il consumatore riconferma quanto le emozioni gli avevano suggerito: il suo subconscio ha già scelto, adesso resta da attendere una conferma razionale, frutto appunto di un’analisi più approfondita.
Azione
Il momento dell’azione è caratterizzato da un livello alto di emozione e variabile di logica. È il momento in cui il cervello si convince e prende una decisione. Questa decisione, nel gergo del marketing, chiama “conversione”. Una conversione è un’azione certa e misurabile effettuata dall’utente, online o offline, suggerita da un’azione di marketing.
Nel momento in cui prendiamo una decisione, nel nostro cervello riemergono tutte le emozioni negative come l’ansia, l’incertezza e i dubbi che avevamo provato durante la fase di analisi. Ecco perché gli inviti all’azione devono essere chiari ed espliciti, privi di inganni e trucchi, dare un assaggio del soddisfacimento del desiderio.
Perché è importante identificare questi diversi stadi del processo d’acquisto? Per poter dare risposte corrette e differenziate, che inneschino l’avvio dello stadio successivo, ad utenti che si trovano in fasi differenti.
[1] Saletti A., Neuromarketing e scienze cognitive per vendere di più sul web: Il modello Emotional Journey, Dario Flaccovio, 2019